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LA PROMESSA DELLA PACE MONDIALE
Dichiarazione della
Casa Universale di Giustizia
Ottobre 1995
La Grande Pace verso cui gli uomini di buona volontà hanno lungo l’arco dei secoli teso i loro
cuori, la cui visione ha infiammato i veggenti e i poeti di innumerevoli generazioni e di cui le sacre
scritture dell’umanità hanno costantemente, èra dopo èra, tenuto salda la promessa, è ora finalmente
alla portata delle nazioni. Per la prima volta nella storia è per tutti possibile considerare l’intero pianeta,
con le miriadi di genti così diverse, in un’unica visuale. La pace mondiale non solo è possibile,
è inevitabile. Essa è lo stadio successivo nell’evoluzione del nostro pianeta: secondo l’espressione
di un grande pensatore, «la planetizzazione dell’umanità».
Che la pace debba essere conseguita soltanto dopo inimmaginabili orrori causati dal caparbio avvinghiarsi
dell’umanità a vecchi modelli di comportamento o sia invece accettata ora per un atto di
volontà consultativa:ecco la scelta che si offre a tutti coloro che abitano la terra. In questa critica
congiuntura, in cui i complessi problemi delle nazioni si fondono in un’unica comune preoccupazione
per l’intero mondo, non riuscire ad arrestare l’ondata di conflitti e di disordini equivarrebbe a
un irragionevole atto di irresponsabilità.
Tra i presagi propizi del nostro tempo sono da annoverare: il costante incremento dei provvedimenti
in direzione di un ordine mondiale, intrapresi nei primi vent’anni del nostro secolo dapprima
con la creazione della Lega delle Nazioni, poi su più vasta base con la nascita dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite; il conseguimento dell’indipendenza, dopo la seconda guerra mondiale, da parte
della maggioranza delle nazioni della terra (segno che ormai è giunto a termine il processo della formazione
delle nazioni) e il coinvolgimento di queste giovani nazioni insieme con le più antiche in
questioni di mutuo interesse; il conseguente vasto incremento di cooperazione fra popoli e gruppi fino
ad ora isolati e antagonisti, cooperazione che si traduce in iniziative internazionali nei più svariati
campi, scientifico, educativo, legale, economico e culturale; la nascita negli ultimi decenni di
un inedito numero di organizzazioni internazionali a carattere umanitario; la diffusione dei movimenti
femminili e giovanili che invocano la fine di tutte le guerre, e infine lo spontaneo proliferare
di numerosi gruppi di persone comuni che cercano di comprendersi mediante la comunicazione personale.
I progressi scientifici e tecnologici, avvenuti in questo secolo così eccezionalmente dotato, presagiscono
un formidabile impulso nell’evoluzione sociale del pianeta e indicano i mezzi tramite i
quali è possibile risolvere i problemi pratici dell’umanità. Di più: essi forniscono gli strumenti per
amministrare la complessa vita di un mondo unificato. Ma nonostante tutto, persistono delle barriere.
Dubbi, malintesi, pregiudizi, sospetti, meschini ed egoistici interessi ingombrano ancora il cammino
delle reciproche relazioni fra le nazioni e i popoli.
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È il profondo senso di un dovere spirituale e morale che ci induce in questo momento così propizio
a rivolgere la vostra attenzione alle penetranti intuizioni che Bahá’u’lláh, Fondatore della Fede
Bahá’í di cui noi siamo i Fiduciari, comunicò per primo ai governanti della terra più di un secolo fa.
«Da ogni parte soffiano i venti della disperazione - ha egli scritto - e la lotta che divide e affligge
la razza umana aumenta quotidianamente. Si possono già scorgere i segni di imminenti agitazioni e
caos, dato che la situazione generale appare lamentosamente difettosa». Tale profetico giudizio è
stato ampiamente confermato dalla comune esperienza dell’umanità. Cospicue le incrinature che esistono
nell’ordine oggi prevalente: l’incapacità degli Stati sovrani, organizzati come Nazioni Unite,
a esorcizzare lo spettro della guerra, l’incombente collasso dell’ordine economico internazionale, la
diffusione dell’anarchia e del terrorismo e le intense sofferenze causate a milioni di persone, il cui
numero aumenta sempre più, da queste e da altre afflizioni. In effetti la violenza e i conflitti che caratterizzano
i nostri sistemi sociali, economici e religiosi sono tali che molti hanno finito per arrendersi
all’idea che questo tipo di comportamento sia intrinseco alla natura umana e quindi impossibile
da scalzare.
Con il radicarsi di tale visione, si è sviluppato nelle faccende umane una paralizzante contraddizione.
Da un lato, uomini di tutte le nazioni proclamano non solo la loro disposizione ma anche la
loro brama di pace e armonia e di porre fine alle strazianti inquietudini che affliggono l’esistenza
quotidiana. D’altro lato, tuttavia, si sanziona in modo acritico l’asserzione secondo cui l’essere umano,
inguaribilmente egoista e aggressivo, è incapace di edificare un sistema sociale ad un tempo
progressivo e pacifico, dinamico e armonioso, un sistema che, pur favorendo la creatività e lo spirito
di iniziativa dell’individuo, si fondi sulla cooperazione e sulla reciprocità.
Giacché il bisogno di pace si fa sempre più urgente, questa contraddizione di fondo, che intralcia
la sua realizzazione, impone che si rivedano le ipotesi su cui si basa questa comune visione del travaglio
storico dell’umanità. Quando si esamini la cosa in modo imparziale, si scopre che tale comportamento,
lungi dall’esprimere la vera natura dell’uomo, rappresenta una distorsione del suo spirito.
La chiarezza su questo punto permetterà a tutti i popoli di mettere in moto quelle forze sociali
costruttive che, accordandosi con la natura umana, promuoveranno armonia e cooperazione invece
di guerre e conflitti.
Scegliere questa rotta non significa negare il passato dell’umanità: significa comprenderlo. La
Fede Bahá’í considera l’attuale confusione in atto nel mondo e le disastrose condizioni delle faccende
umane come una fase naturale di un processo organico irresistibilmente diretto alla finale unificazione
dell’umanità in un unico ordine sociale i cui confini saranno quelli stessi del pianeta. La
razza umana, che come unità distinta e organica è trascorsa attraverso stadi di evoluzione analoghi a
quelli dell’infanzia e della fanciullezza nella vita degli individui, si trova ora nel periodo culminante
della sua turbolenta adolescenza e s’avvicina a quel periodo, così a lungo atteso, che coincide con la
maggiore età.
Riconoscere francamente che i pregiudizi, le guerre e lo sfruttamento sono stati l’espressione di
stadi immaturi in un ampio processo storico e che oggi la razza umana sta sperimentando
l’inevitabile tumulto legato al suo pervenire collettivo alla maggior età, non offre ragioni per disperarsi,
anzi è motivo indispensabile per intraprendere la mirabile impresa di edificare un mondo pacifico
La realizzabilità di tale impresa, l’esistenza delle necessarie energie costruttive e la possibilità
di erigere strutture sociali unificatrici sono i temi che vi sollecitiamo a prendere in esame.
Per quante sofferenze e agitazioni i prossimi anni possano tenere in serbo e quantunque fosche le
immediate prospettive, la comunità Bahá’í crede fermamente che l’umanità possa affrontare questa
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prova suprema confidando nell’esito finale. Lungi dall’indicare la fine di ogni civiltà, i convulsi mutamenti
verso cui l’umanità è sempre più rapidamente sospinta serviranno a liberare le «potenzialità
insite nella condizione umana» e a manifestare «la piena misura del destino dell’uomo sulla terra,
l’innata eccellenza della sua realtà».
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Compendio delle doti che distinguono la razza umana da tutte le altre forme di vita è quella realtà
conosciuta come spirito umano, la cui qualità essenziale è la mente. Ricca di tale retaggio, l’umanità
ha potuto edificare le civiltà e prosperare materialmente. Ma questi risultati non hanno mai appagato
da soli lo spirito umano, la cui misteriosa natura propende verso la trascendenza, un volo verso
l’invisibile, verso l’ultima Realtà, quell’inconoscibile essenza delle essenze chiamata Dio. Le religioni,
recate al genere umano tramite una successione di luminari spirituali, hanno rappresentato
l’anello fondamentale tra l’uomo e quella Realtà ultima, galvanizzando ed affinando la capacità umana
di conseguire successo spirituale e nel contempo progresso sociale.
Nessun serio tentativo di indirizzare nel senso giusto le faccende umane e di ottenere la pace mondiale
può ignorare la religione. La percezione e la pratica che l’uomo ne ha rappresenta in grande
misura la sostanza della storia. Un eminente storico ha descritto la religione come una «facoltà della
natura umana». È arduo negare che il pervertimento di tale facoltà abbia abbondantemente
contribuito a creare la confusione della società e conflitti nell’intimo dell’uomo e fra gli individui.
Né può un osservatore imparziale sminuire la preponderante influenza che la religione ha esercitato
sulle espressioni vitali della civiltà. Anzi, quanto essa sia indispensabile all’ordine sociale lo ha ripetutamente
dimostrato la sua diretta efficacia sulle leggi e sulla moralità.
Additando la religione come una forza sociale, Bahá’u’lláh ha scritto: «La religione è il più grande
mezzo per l’instaurazione dell’ordine nel mondo e per il pacifico appagamento di coloro che vi dimorano
». Riguardo poi al declino o alla corruzione della religione, aggiunse: «Se la lampada della
religione si oscurasse, ne deriverebbero confusione e disordine e la luce dell’equità, della giustizia,
della tranquillità e della pace cesserebbe di brillare». Nell’enumerare tali conseguenze, gli scritti
Bahá’í puntualizzano che la «perversione della natura umana, la degradazione del comportamento,
la corruzione e il disfacimento delle istituzioni umane si rivelano, in queste circostanze, nei loro aspetti
peggiori e ripugnanti. Si degrada il carattere dell’uomo, il suo senso di sicurezza viene scosso,
rilassata la vigoria della disciplina, messa a tacere la voce della coscienza, oscurata la capacità di
decenza e pudore, distorti i concetti di dovere, solidarietà, reciprocità e lealtà, e grado a grado
s’estingue perfino il senso della pace, della gioia e della fiduciosa speranza».
Giunta com’è nelle strettoie di paralizzanti conflitti, l’umanità deve esaminare se stessa, la propria
negligenza, considerando le numerose allettanti voci alle quali ha prestato ascolto per trovare le
fonti di malintesi e confusioni perpetrati in nome della religione. Coloro che, ciecamente ed egoisticamente,
si sono tenuti stretti alle loro peculiari ortodossie, imponendo ai propri seguaci interpretazioni
erronee e contrastanti delle parole dei Messaggeri divini, portano di tale confusione una pesante
responsabilità - una confusione resa più grave dalle artificiali barriere erette tra fede e ragione, tra
scienza e religione. Infatti, ove si esaminino con occhio imparziale le autentiche parole espresse dai
Fondatori delle grandi religioni e gli ambienti sociali in cui essi furono costretti a compiere la loro
missione, si scopre che nulla giustifica le contese e i pregiudizi che turbano le comunità religiose
dell’umanità e di conseguenza tutte le vicende umane.
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L’insegnamento secondo il quale dobbiamo comportarci con gli altri come desidereremmo che
gli altri si comportassero con noi, etica che riecheggia in vario modo in tutte le grandi religioni, conferisce
vigore all’asserzione appena espressa per due particolari aspetti: esso compendia la condotta
morale, che è il valore foriero di pace in tutte queste religioni indipendentemente dal loro luogo e
periodo di origine ed esprime altresì un aspetto di unità che è il loro pregio essenziale, un pregio che
il genere umano, con la sua disarticolata visione della storia, non ha saputo apprezzare.
Avesse l’umanità scoperto la vera realtà di questi Educatori della sua collettiva fanciullezza, considerandoli
promotori di un unico processo di civilizzazione, avrebbe senza alcun dubbio raccolto,
dagli effetti cumulativi delle loro successive missioni, una messe infinitamente maggiore di benefici.
Ma in questo, purtroppo, essa ha fallito.
Il risorgere di un fanatico zelo religioso in numerose parti del mondo non può essere considerato
altro che un segno di convulsione agonica. La natura di violenti e distruttivi fenomeni che vi sono
associati attesta del fallimento spirituale che esso rappresenta. Anzi, uno dei tratti distintivi più singolari
e dolenti dell’attuale scoppio di fanatismo religioso è la misura con cui, in ogni caso, tale fanatismo
scardina non solo quei valori spirituali che conducono all’unità del genere umano ma anche
le straordinarie vittorie morali conseguite da quelle stesse religioni che esso pretende di servire.
Per quanto vitale sia stata la forza della religione nella storia dell’umanità e ancorché sensazionale
l’odierno rigurgito di fanatismo religioso militante, da ormai vari decenni un numero sempre crescente
di esseri umani considera la religione e le sue istituzioni di scarso rilievo rispetto ai principali
interessi del mondo contemporaneo. Abbandonando la religione, essi si sono volti o all’edonistica
ricerca dei piaceri materiali o all’inseguimento di ideologie opera d’uomo e designate a riscattare la
società dai manifesti mali sotto il cui peso essa geme. Troppe di queste ideologie, purtroppo, invece
di far proprio il concetto dell’unità del genere umano e di promuovere la concordia fra i diversi popoli,
si sono messe a deificare lo Stato, a subordinare il resto dell’umanità a una sola nazione, razza,
o classe; hanno tentato di sopprimere ogni tipo di dibattito e scambio di idee, oppure di abbandonare
cinicamente milioni di persone in preda alla fame nei gangli di un sistema di mercato che sta fin
troppo chiaramente aggravando le condizioni della maggioranza dell’umanità, permettendo nel contempo
a esigui gruppi di vivere in un lusso che i nostri antenati a fatica avrebbero potuto immaginare.
Tragici sono gli effetti di quei surrogati di fede creati nella nostra èra dai sapienti di questo mondo:
nel massivo disinganno di interi popoli cui si era insegnato a render culto sui loro altari si può
align=left>leggere l’irrevocabile verdetto della storia. I frutti prodotti da queste dottrine, dopo decenni di un
esercizio di potere sempre più sfrenato da parte di coloro che ad esse devono la loro influenza negli
affari umani, sono i mali sociali ed economici che, negli ultimi anni di questo nostro secolo, appestano
ogni landa della terra. Alla base di tutte queste calamità materiali sono da porsi i danni spirituali
manifesti nello stato di profonda apatia che è calata sulle masse di tutto il mondo e
nell’estinguersi della speranza nei cuori di milioni di esseri umani diseredati e tormentati.
È giunto il momento in cui i predicatori dei dogmi del materialismo, sia in Occidente che in Oriente,
sia del mondo capitalista che di quello socialista, rendano conto della guida morale che hanno
preteso di esercitare. Dov’è il «nuovo mondo» promesso da queste ideologie? Dove la pace internazionale
ai cui ideali esse hanno proclamato di dedicarsi? E l’accesso alle conquiste culturali
procacciate dall’esaltazione di questa razza o di quella nazione o di quella particolare classe sociale?
Perché la vasta maggioranza dei popoli del mondo affondano sempre più cupamente negli abissi
della fame e della sventura mentre smisurate ricchezze, quali né i Faraoni né i Cesari e nemmeno le
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potenze imperialistiche del secolo scorso poterono mai sognare, sono a disposizione degli odierni
arbitri delle faccende umane?
Ed è particolarmente nell’esaltazione delle mète puramente materiali, a un tempo scaturigine e
tratto comune di tutte queste ideologie, che noi rinveniamo le fonti alimentatrici di quella menzognera
concezione che predica l’essere umano incorreggibilmente egoista e aggressivo. È da questa
idea che dobbiamo liberarci se vogliamo edificare un nuovo mondo a misura dei nostri discendenti.
Il fatto che, alla luce dell’esperienza, gli ideali materialistici abbiano fallito lo scopo di soddisfare
i bisogni del genere umano invita all’onesto riconoscimento che dobbiamo compiere un nuovo sforzo
per trovare la soluzione ai tormentosi problemi del pianeta. Segno del comune fallimento di tali
ideali è l’intollerabile condizione in cui versa oggi la società, una circostanza che tende a rafforzare,
invece di mitigare, l’accanimento delle parti. Non c’è dubbio: ciò che urge è uno sforzo comune riparatore.
E si tratta in primo luogo di un atteggiamento mentale. Vorrà l’umanità persistere nella sua
caparbietà, continuando ad aggrapparsi ad obsoleti concetti e a inservibili teorie? O non vorranno
piuttosto i suoi capi, prescindendo dalle ideologie, avanzare con risoluto volere per consultarsi in
una ricerca di appropriate soluzioni?
align=left>Coloro che hanno a cuore il futuro della razza umana meditino su questo consiglio. «Se ideali a
lungo perseguiti e istituzioni da gran tempo onorate, se certe premesse sociali e formule religiose
hanno cessato di promuovere il benessere della maggior parte dell’umanità, se non più rispondono
ai bisogni del genere umano in perenne evoluzione, lasciamo allora che vengano spazzati via e relegati
nel limbo di antiquate e obliate dottrine. Perché, in un mondo soggetto all’immutabile legge del
cambiamento e del declino, dovrebbero essi andar esenti dal deterioramento che coglie ogni istituzione
umana? Le norme legali, le teorie politiche ed economiche sono infatti designate unicamente a
salvaguardare gli interessi dell’umanità, e non a metterla in croce allo scopo di preservare l’integrità
di particolari leggi o dottrine!».
II
Azioni come il mettere al bando gli ordigni nucleari, proibire l’uso di gas venefici o interdire la
guerra batteriologica non elimineranno alle radici le cause della guerra. Queste misure pratiche, pur
essendo ovviamente elementi importanti nel cammino della pace, sono tuttavia in sé ancora troppo
superficiali per esercitare un’influenza durevole. Gli uomini sono sufficientemente ingegnosi per
inventare altre forme di conflitto, e quindi usare il cibo, le materie prime, la finanza, il potere industriale,
l’ideologia e il terrorismo per combattersi a vicenda in un’interminabile caccia alla supremazia
e al dominio. Né è possibile che il colossale sconvolgimento nelle faccende dell’umanità sia ricomposto
con la risoluzione di specifici conflitti e disaccordi fra singole nazioni. Bisognerà adottare
una struttura autenticamente universale.
Certo, i capi delle nazioni non mancano di riconoscere la dimensione mondiale del problema, che
emerge da sé dal cumulo di questioni che essi si trovano ad affrontare ogni giorno di più. E per eliminare
ogni possibilità di ignoranza riguardo alle sfide e ai bisogni in cui ci si imbatte, vi è la massa
di studi e soluzioni proposti da numerosi gruppi impegnati e illuminati nonché dai vari enti delle
Nazioni Unite. Ma persiste tuttavia il ristagno della volontà: ed è questo che bisogna esaminare con
cura e risolutamente affrontare. Tale paralisi è radicata, già lo abbiamo detto, nella profonda convinzione
dell’inevitabile rissosità del genere umano, che lo ha reso riluttante a prendere in esame la
possibilità di subordinare gli interessi nazionali alle esigenze di un ordine mondiale e restio ad af
6frontare con coraggio le enormi conseguenze prodotte dalla creazione di un’autorità mondiale. Questo
atteggiamento può essere infine fatto risalire anche all’incapacità di intere masse umane, in gran
parte ignoranti e soggiogate, ad esprimere la loro brama di un nuovo ordine in cui vivere in pace,
armonia e prosperità con tutti gli altri uomini.
I passi tentati in direzione di un ordine mondiale, specialmente dopo la Seconda Guerra, offrono
tuttavia alcuni segni di speranza. La crescente tendenza diffusa fra le nazioni a unirsi ufficialmente
align=left>in gruppi che permettano loro di cooperare in questioni di mutuo interesse indica che alla fin fine
tutte le nazioni potrebbero superare tale paralisi. L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico,
la Comunità e il Mercato Comune dei Caraibi, il Mercato Comune dell’America Centrale, il Consiglio
per la Mutua Assistenza Economica, le Comunità Europee, la Lega degli Stati Arabi,
l’Organizzazione dell’Unità Africana, l’Organizzazione degli Stati Americani, il Forum del Pacifico
Meridionale - tutti gli sforzi collettivi rappresentati da tali organizzazioni spianano la via all’ordine
mondiale.
Un altro segno che fa ben sperare è la crescente attenzione dedicata ai più inveterati problemi del
nostro pianeta. A dispetto delle evidenti manchevolezze che affliggono le Nazioni Unite, le oltre
quaranta dichiarazioni e le convenzioni adottate da questa organizzazione, anche quando non sempre
entusiastico è stato l’impegno dei vari governi, hanno tuttavia dato alla gente comune la sensazione
di nuove prospettive. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione sulla
prevenzione e la punizione del crimine di genocidio e similari misure riguardo all’eliminazione di
tutte le forme di discriminazione basate sulla razza, il sesso o il credo religioso; la tutela dei diritti
dei fanciulli; la salvaguardia di ogni essere umano contro la tortura; lo sradicamento della fame e
della malnutrizione; l’uso del progresso scientifico e tecnologico nell’interesse della pace e a beneficio
dell’umanità - tutte queste misure, se coraggiosamente applicate e ampliate, anticiperanno il
giorno in cui lo spettro della guerra avrà perso il suo potere di dominare le relazioni internazionali.
Anche se non è necessario trattare del significato di tutti gli argomenti esposti in queste dichiarazioni
e convenzioni, una parte di essi, in virtù della loro diretta attinenza al processo di edificazione
della pace mondiale, meritano un commento supplementare.
Una delle più gravi barriere erette contro la pace è il razzismo, situabile fra i più perniciosi e persistenti
align=left>mali dell’umanità. Il praticarlo perpetra una violazione tanto oltraggiosa della dignità degli
esseri umani da non poter essere tollerato sotto alcun pretesto. Il razzismo rallenta lo sviluppo delle
sconfinate potenzialità delle sue vittime, degrada chi lo pratica, avvelena il progresso dell’uomo. È
necessario che il riconoscimento dell’unità del genere umano, attuato mediante adeguate misure legali,
sia universalmente propugnato, se si vuole superare questo problema.
Per l’eccessiva disparità fra ricchi e poveri, causa di intense sofferenze, il mondo si trova in uno
stato di instabilità, virtualmente sull’orlo della guerra. Poche delle nostre società hanno affrontato
con efficacia questa situazione. La soluzione richiede una combinata applicazione di vari elementi,
spirituali, morali e pratici. Si richiede un ulteriore esame del problema che preveda la consultazione
di esperti provenienti da un’ampia gamma di discipline e liberi da polemiche economiche e ideologiche,
e che coinvolga in decisioni tanto urgenti le persone direttamente in causa. Si tratta di una
questione legata non soltanto alla necessità di eliminare gli estremi di ricchezza e povertà, ma altresì
a quelle verità spirituali la cui comprensione può produrre un nuovo atteggiamento mentale universale.
Incoraggiare tale atteggiamento è già risolvere gran parte del problema.
Lo sfrenato nazionalismo, che è cosa ben diversa da un sano e legittimo patriottismo, deve cedere
il passo a un tipo di lealtà più ampia, l’amore per l’intera umanità. Afferma Bahá’u’lláh: «La terra è
un solo paese e l’umanità i suoi cittadini». Questo concetto della cittadinanza mondiale è il diretto
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risultato della contrazione del mondo, per così dire, in un unico quartiere, in virtù dei progressi
scientifici e dell’incontestabile interdipendenza delle nazioni. L’amore per tutti i popoli della terra
non esclude naturalmente l’amore per il proprio paese. Il vantaggio della parte in una società mondiale
è servita al meglio promuovendo il vantaggio del tutto. È necessario perciò dare incremento alle
attività internazionali già esistenti nei vari settori, che alimentano la mutua amicizia e un senso di
solidarietà fra i popoli.
Le lotte religiose hanno causato, attraverso la storia, innumerevoli guerre e conflitti, rivelandosi
align=left>una delle principali insidie al progresso, e oggi esse ripugnano a un numero crescente di uomini con
fede o senza fede. I seguaci di tutte le religioni devono essere disposti ad affrontare le questioni di
base che tale lotta pone e giungere a dare risposte chiare. Come possono risolvere le loro controversie,
sia nella teoria che nella pratica? Questa la sfida alle guide spirituali del mondo: meditare con
cuori colmi di spirito di compassione e di un’ardente brama di verità, le condizioni del genere umano
e chiedersi se non possano, umili innanzi al loro Onnipotente Creatore, sommergere le loro divergenze
teologiche in un magnanimo spirito di reciproca tolleranza che le metta in grado di operare
insieme per la promozione della comprensione e della pace fra gli uomini.
L’emancipazione delle donne e il conseguimento della piena parità fra i sessi, è uno dei requisiti
più importanti della pace, ancorché meno riconosciuto. Negare un tale diritto di parità equivale a
perpetrare un’ingiustizia nei riguardi di metà della popolazione mondiale e a incoraggiare negli uomini
atteggiamenti e abitudini negative che si estendono dalla famiglia al lavoro alla vita politica,
fino ai rapporti internazionali. La negazione di quel diritto non la giustifica alcun motivo, né morale,
né pratico, né biologico. Soltanto quando le donne saranno ben accette in una totale partecipazione
in tutti i campi dell’operare umano, si creerà quel clima morale e psicologico in cui potrà emergere
la pace internazionale.
La causa dell’educazione universale, che ha già arruolato al suo servizio un esercito di persone
devote provenienti da ogni fede e nazione, merita da parte dei governi il massimo sostegno. È
l’ignoranza, infatti, il principale motivo del declino e della caduta dei popoli, nonché del perpetuarsi
dei pregiudizi. Nessuna nazione può avere successo se non assicura l’istruzione a tutti i suoi cittadini.
Ove mancanze di risorse adeguate, imponendo un certo ordine di priorità, limitino la capacità
delle nazioni di mettere in atto questo impegno, allora gli enti responsabili a ciò preposti farebbero
bene a prendere in considerazione la possibilità di dare assoluta priorità all’istruzione di donne e
fanciulle, dal momento che è tramite le madri istruite che i benefIci della conoscenza possono diffondersi
in tutta la società nel modo più efficace e rapido. Per restare al passo con le esigenze del
nostro tempo, sarà bene insegnare a ogni fanciullo il concetto di cittadinanza mondiale come parte
della sua educazione di base.
Una fondamentale mancanza di comunicazione tra gli esseri umani indebolisce gravemente gli
sforzi tesi alla pace mondiale. L’adozione di una lingua ausiliare internazionale, che accelererebbe
la soluzione di tale problema, richiede la più urgente attenzione.
In tutti questi problemi bisogna evidenziare due aspetti. Il primo è che l’abolizione della guerra
non è una mera faccenda di firme di trattati e protocolli: è piuttosto un compito complesso che esige
nuovi livelli nell’impegno di risolvere questioni che di solito non vengono associate alla ricerca della
pace. Basata solo su accordi politici, l’idea della sicurezza collettiva rimarrà una chimera. Il secondo
aspetto è che la principale difficoltà per trattare problemi inerenti la pace consiste
nell’innalzare la situazione a livello dei principi, prescindendo dal puro pragmatismo. Infatti, la pace
fiorisce da uno stato interiore sostenuto da una visione spirituale o morale, ed è soprattutto nel
suscitare tale atteggiamento che si può rintracciare la possibilità di durature soluzioni.
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Esistono dei principi spirituali, o come alcuni preferiscono chiamarli dei valori umani, in base ai
quali è possibile trovare la soluzione per ogni problema sociale. Ogni gruppo umano animato da
buoni intendimenti può, in generale, concepire delle soluzioni pratiche ai suoi problemi, ma di solito
le buone intenzioni e la conoscenza pratica non bastano. Il pregio essenziale del principio spirituale
consiste non solo nel fatto che esso presenta prospettive in piena armonia con la natura dell’uomo,
ma che produce altresì atteggiamenti, energie, volontà e aspirazioni atti a favorire la scoperta e
l’attuazione di misure pratiche. I capi dei governi e tutti coloro che detengono autorità sarebbero
molto agevolati nei loro sforzi per risolvere i vari problemi se prima cercassero di riconoscere i
principi implicati in quei problemi e poi se ne lasciassero guidare.
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La questione principale che bisogna risolvere è come il mondo attuale,con la sua radicata consuetudine
al conflitto, possa mutarsi in un mondo in cui prevalgano l’armonia e la cooperazione.
L’ordine mondiale può fondarsi soltanto su un’incrollabile consapevolezza dell’unità del genere
umano, verità spirituale confermata da tutte le scienze umane: l’antropologia, la fisiologia, la psicologia
riconoscono infatti l’esistenza di un’unica specie umana, benché infinitamente diversificata
negli aspetti secondari della esistenza. Riconoscere questa verità esige l’abbandono dei pregiudizi,
di qualunque tipo di pregiudizio: di razza, classe, colore, credo, nazionalità, sesso, o grado di civiltà
materiale, qualunque cosa insomma che induca esseri umani a considerarsi superiori agli altri.
Il primo e fondamentale requisito per riorganizzare e amministrare il mondo come un solo paese,
la dimora dell’umanità, è l’accettazione dell’unità del genere umano. E giacché il consenso universale
su tale spirituale principio è indispensabile per il successo di qualsivoglia tentativo volto a edificare
la pace nel mondo, esso deve essere proclamato al mondo intero, insegnato nelle scuole e costantemente
sostenuto in ogni nazione quale preparazione di quell’organico mutamento delle strutture
sociali che esso comporta.
Nella visione bahá’í, il riconoscere l’unità del genere umano «richiede niente meno che la riedificazione
e il disarmo dell’intero mondo civilizzato, un mondo organicamente unificato in tutti gli aspetti
essenziali della sua esistenza, nei meccanismi politici, nelle aspirazioni spirituali, nei commerci
e nelle finanze, nella scrittura e negli idiomi, ma un mondo nel contempo sconfinato per la
diversità delle caratteristiche nazionali delle sue unità confederate».
Shoghi Effendi, Custode della Fede Bahá’í, elaborando le implicazioni legate a questo
fondamentale principio, così commentava nel 1931: «Lungi dal mirare allo sconvolgimento delle
attuali fondamenta della società, (esso) cerca anzi di ampliarne le basi, di rimodellarne le istituzioni
align=left>in maniera consona ai bisogni di questo mondo in continuo mutamento. Non si pone in conflitto con
alcun tipo di legittima fedeltà, né intende scalzare alcuna sostanziale forma di lealtà; non è suo
scopo quello di estinguere nel cuore dell’uomo la fiamma di un sano e intelligente patriottismo, né
di sopprimere il sistema delle autonomie nazionali così necessario ad evitare i mali di un eccessivo
accentramento. Né trascura, o s’attenta di sopprimere, le differenze di origine etnica, di clima,
storia, lingua e tradizioni, pensiero e costumi, che diversifica i vari popoli e nazioni del mondo:
invita piuttosto a una lealtà più ampia a un aspirazione più grandiosa di qualsiasi altra che abbia mai
animato la razza umana, insiste sulla subordinazione delle spinte e degli interessi nazionali alle
impellenti esigenze dell’unità del mondo, rigetta da un lato l’eccessivo accentramento e ripudia
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genze dell’unità del mondo, rigetta da un lato l’eccessivo accentramento e ripudia dall’altro tutti i
tentativi volti verso l’uniformità. La sua parola d’ordine è unità nella diversità».
Conseguire queste mète richiede numerosi stadi nel processo di adattamento delle condotte politiche
nazionali, che attualmente, in assenza di leggi chiaramente definite o universalmente accettate
e di principi applicabili per ordinare i rapporti fra le nazioni, tendono all’anarchia. La Lega delle
Nazioni, le Nazioni Unite e le numerose organizzazioni, nonché gli accordi da esse emanati, hanno
senza dubbio giovato ad attenuare alcuni degli effetti negativi dei conflitti internazionali, ma si sono
mostrate incapaci a prevenire le guerre. Si contano anzi a dozzine le guerre scoppiate dopo il secondo
conflitto mondiale, e molte ancora imperversano.
Gli aspetti preminenti di questo problema emersero già nel secolo scorso quando Bahá’u’lláh incominciò
ad annunciare le sue proposte per edificare una pace mondiale. In messaggi indirizzati ai
governanti della terra, egli propose il principio della sicurezza collettiva. Shoghi Effendi ne commentò
il significato: «Cos’altro significano queste ponderose parole se non l’inevitabile limitazione
del-l’incondizionata sovranità nazionale come presupposto indispensabile alla costituzione della futura
Confederazione di tutte le nazioni della terra? È necessario che si evolva una forma di Stato
Supremo, in favore del quale tutte le nazioni del mondo saranno disposte a cedere ogni diritto di dichiarare
guerra, alcuni diritti di tassazione e tutti i diritti d’armamento, eccetto quelli necessari a
mantenere l’ordine interno entro i rispettivi confini. Questo Stato deve comprendere entro la sua orbita
un Organo Esecutivo Internazionale per migliorare la sua suprema e indiscutibile autorità su
qualsiasi membro recalcitrante dell’unione, un Parlamento Mondiale i cui membri saranno eletti dal
popolo dei rispettivi Paesi e la cui elezione sarà approvata dai relativi governi, e un Tribunale Supremo
i cui verdetti avranno effetto esecutivo anche nel caso in cui le parti interessate non accettassero
di propria volontà di deferire il loro caso al suo giudizio.
Una comunità mondiale in cui tutte le barriere economiche dovranno essere permanentemente
abbattute e l’interdipendenza del Capitale e del Lavoro definitivamente riconosciuta; una comunità
nella quale il vociare del fanatismo e delle lotte religiose tacerà per sempre; in cui la fiamma
dell’animo-sità razziale sarà finalmente estinta; in cui un unico codice di leggi internazionali - prodotto
del ponderato giudizio delle federazioni dei rappresentanti mondiali - avrà per sanzione
l’istantaneo e coercitivo intervento di tutte le forze congiunte delle unità federali; e, finalmente, una
comunità mondiale in cui la follia di un nazionalismo capriccioso e militaresco si tramuterà nella
durevole consapevolezza della cittadinanza mondiale: tale appare, invero, nelle linee generali,
l’Ordine previsto da Bahá’u’lláh, un Ordine che sarà considerato come il frutto più bello di un’èra
che sta lentamente maturando».
Bahá’u’lláh indicò quale sarebbe stata la realizzazione di questi provvedimenti di così vasta portata:
«Verrà il tempo in cui sarà universalmente sentita l’impellente necessità di costituire una vasta
assemblea che rappresenti tutti gli uomini. I potenti e i re della terra dovranno intervenirvi e, partecipando
alle sue deliberazioni, prendere in considerazione le vie e i mezzi su cui si baseranno le
fondamenta della Grande Pace mondiale fra gli uomini».
Il coraggio, la determinazione, la purezza delle motivazioni, l’altruistico reciproco amore dei popoli:
tutte le qualità spirituali e morali necessarie a compiere questo rilevante passo in direzione della
pace sono concentrate sulla volontà di agire. E perché si desti questa volontà bisogna prestare la
più seria attenzione alla realtà dell’uomo, ossia al suo pensiero. Comprendere l’importanza di questa
possente realtà significa altresì riconoscere la necessità sociale di metterne in pratica lo straordinario
valore mediante una consultazione che sia schietta, obbiettiva e amichevole e poi agire sui risultati
di questo processo. Bahá’u’lláh ha insistentemente attirato l’attenzione sugli indispensabili pregi
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che la consultazione offre per porre in ordine le faccende umane. A questo proposito egli ha scritto:
«La consultazione produce un maggiore grado di consapevolezza e tramuta le supposizioni in certezze.
È quella folgorante luce che, in un mondo di tenebre, illumina la via e serve da guida. Per ogni
cosa v’è e sempre vi sarà un grado di perfezione e maturità. La maturità del dono della comprensione
si rende evidente in virtù della consultazione». Il solo tentativo di conseguire la pace mediante
l’opera di consultazione da lui proposta può sprigionare uno spirito talmente benefico tra i
popoli della terra che nessun potere potrebbe opporsi al finale, vittorioso esito.
Riguardo ai procedimenti di questa accolta mondiale, ecco le intuizioni offerte da ‘Abdu’l-Bahá,
figlio di Bahá'u'lláh e interprete autorizzato dei suoi insegnamenti. «Essi devono fare della Causa
della Pace l’oggetto di generale consultazione e cercare con ogni mezzo a loro disposizione di stabilire
un’Unione delle nazioni del mondo. Devono concludere un trattato vincolante e stabilire un patto
con provvedimenti giusti, inviolabili e ben definiti. Devono poi proclamarli a tutto il mondo e ottenerne
la sanzione da parte di tutta la razza umana. Una tal nobile ed eccelsa iniziativa, vera fonte
di pace e benessere per tutto il mondo, tutti coloro che dimorano sulla terra devono pregiarla come
sacra. Tutte le forze dell’umanità bisogna che siano impegnate a garantire la stabilità e la continuità
di questo più grande Patto nel quale, secondo la sua natura onnicomprensiva, devono essere fissati
con chiarezza i confini e le frontiere di ogni singola nazione, stabiliti in modo definitivo i principi
guida delle reciproche relazioni fra i vari governi e infine determinati tutti gli accordi e gli obblighi
internazionali. In egual guisa bisogna rigorosamente limitare la misura degli armamenti di ogni governo,
perché se si acconsente che una nazione incrementi i preparativi di guerra e delle forze militari,
align=left>si accenderà il sospetto delle altre. Il principio fondamentale su cui si basa questo solenne Patto
deve essere così ben stabilito che se un governo violasse una delle sue clausole, tutti i governi della
terra dovranno muoversi per ridurlo a completa sottomissione, anzi la stessa razza umana dovrà risolversi
a neutralizzarlo, con ogni potere a sua disposizione. Se questo massimo rimedio verrà applicato
al corpo infermo dell’umanità, senza dubbio essa guarirà dai suoi mali e rimarrà per sempre
in uno stato di incolumità e sicurezza».
L’organizzazione di questa possente adunanza è già molto in ritardo.
Con tutto l’ardore dei nostri cuori, noi facciamo appello ai governanti di tutte le nazioni perché
afferrino questo momento così opportuno e prendano decisioni irrevocabili per convocare quest’adunanza
mondiale. Tutte le forze della storia incitano la razza umana a compiere questo atto che
segnerà per sempre l’albeggiare della sua maturità tanto a lungo attesa.
Non vorrà l’organizzazione delle Nazioni Unite, con il pieno sostegno dei suoi membri, innalzarsi
a compiere il nobile scopo di un evento tanto sublime?
Riconoscano uomini e donne, giovani e bambini di tutte le parti della terra, l’eterno pregio di
questo atto che si impone a tutte le genti e levino le loro voci in uno spontaneo moto d’assenso. Sia
anzi proprio la presente generazione a inaugurare questo glorioso stadio nell’evoluzione della vita
sociale sul nostro pianeta.
IV
La fonte del nostro ottimismo è una visione che trascende la mera fine delle guerre e la creazione
di mezzi per la cooperazione internazionale. Se la pace permanente fra le nazioni è uno stadio essenziale,
essa però non è, secondo le asserzioni di Bahá'u'lláh, la mèta finale dello sviluppo sociale
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del genere umano. Al di là di un iniziale armistizio imposto al mondo dal terrore dell’olocausto nucleare,
al di là di una pace politica intrapresa con riluttanza da parte di nazioni rivali, sospettose e
diffidenti, al di là di pragmatici accordi per la sicurezza e la coesistenza, al di là perfino dei numerosi
esperimenti di cooperazione che tutti questi passi potranno rendere possibili, si pone la mèta finale:
l’unificazione di tutti i popoli della terra in una sola universale famiglia.
La disunione è un pericolo che le nazioni e i popoli della terra non possono più a lungo tollerare:
align=left>terrificanti sarebbero le conseguenze, troppo ovvie per chiedere una dimostrazione.Ha scritto Bahá’u’lláh
più di un secolo fa: «Il benessere dell’umanità, la sua pace e sicurezza sono irraggiungibi a
meno che e fino a quando non sia fermamente stabilita la sua unità». Nell’osservare che «l’intero
genere umano geme e muore dal desiderio d’essere guidato all’unità e di por fine al suo plurisecolare
martirio», Shoghi Effendi prosegue commentando che: «L’unificazione dell’intera umanità è il
contrassegno dello stadio che la società umana sta ora per raggiungere. L’unità familiare, l’unità
della tribù, della città-stato e della nazione sono state l’una dopo l’altra tentate e pienamente conseguite.
L’unità del mondo è la mèta per la quale quest’afflitta umanità sta lottando. Il periodo della
fondazione delle nazioni è ormai terminato e sta giungendo al suo culmine l’anarchia inerente alle
sovranità nazionali. Questo mondo in crescita verso la maturità deve abbandonare un tale feticcio,
riconoscere l’unicità e l’organicità delle relazioni umane e instaurare una volta per sempre il meccanismo
che meglio potrà incarnare tale fondamentale principio della sua vita».
Questa visione è convalidata da tutte le forze odierne innovatrici. Le prove sono evidenti nei
molti esempi già da noi citati di segni favorevoli alla pace mondiale, visibili nei movimenti e negli
sviluppi internazionali dei nostri giorni. Quel vero esercito di uomini e donne, provenienti virtualmente
da ogni cultura, razza e nazione della terra, che operano nelle molteplici istituzioni delle Nazioni
Unite, rappresentano un «servizio civile» planetario e i loro imponenti risultati sono indicativi
di quale grado di cooperazione sia possibile conseguire anche in condizioni così avverse. Un forte
impulso all’unità, quasi spirituale primavera, preme per manifestarsi in innumerevoli congressi internazionali
che radunano persone provenienti da una vasta gamma di discipline; stimola appelli a
progetti internazionali organizzati per fanciulli e giovani; è invero reale fonte di quello straordinario
movimento ecumenico che pare irresistibilmente attirare gli uni verso gli altri membri e confessioni
religiose storicamente antagonisti. Accanto all’opposta tendenza a fenomeni quali la guerra e le espansioni
contro cui esso incessantemente lotta, l’impulso all’unità mondiale è una delle diffuse caratteristiche
dominanti nella vita del pianeta in questi ultimi anni del ventesimo secolo.
L’esperienza della comunità bahá'í può essere considerata un esempio di questa crescente unità.
È una comunità di tre-quattro milioni di persone provenienti da numerose nazioni, culture, classi e
fedi, impegnate in un’ampia gamma di attività al servizio dei bisogni spirituali, sociali ed economici
dell’uomo in varie lande della terra. Pur essendo un unico organismo sociale, vi sono ben rappresentate
le differenziazioni dell’umana famiglia; tale organismo si affida a un sistema di principi consultativi
comunemente accettati e tiene in gran pregio tutte le grandi effusioni di guida divina avvenute
nella storia dell’uomo. La sua esistenza è un’altra convincente prova della concretezza della visione
che il suo Fondatore aveva di un mondo unito, un’altra prova che l’umanità può vivere come
un’unica universale società, all’altezza di qualunque sfida la sua raggiunta maggiore età possa lanciare.
Se l’esperienza bahá'í può contribuire in qualsiasi misura ad accrescere la speranza nell’unità
della razza umana, noi siamo felici di offrirla come modello di studio.
Meditando sulla suprema importanza del compito che fronteggia ora l’intero mondo, noi chiniamo
umili il capo di fronte alla tremenda maestà del divino Creatore, che nel suo infinito amore ha
forgiato tutta l’umanità dallo stesso ceppo, esaltando la realtà dell’uomo sì come gemma preziosa,
onorandola dei doni dell’intelletto e della saggezza, della nobiltà e dell’immortalità e conferendo
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all’uomo l’esclusivo privilegio e la facoltà di conoscerLo e amarLo, una facoltà che «deve essere
considerata come l’impulso generatore e lo scopo principale che contrassegna l’intera creazione».
Noi nutriamo il fermo convincimento che tutti gli esseri umani sono stati creati «per far avanzare
una civiltà in continuo progresso», che «agire come le bestie dei campi non è degno dell’uomo», che
le qualità che si addicono all’umana dignità sono la fidatezza, la tolleranza, la misericordia, la compassione
e l’amorevole gentilezza verso tutte le genti. Riaffermiamo la fede nel fatto che le «potenzialità
inerenti allo stadio dell’uomo, la piena misura del suo destino sulla terra, l’innata eccellenza
del suo essere si paleseranno appieno in questo Giorno promesso di Dio». Ecco i motivi che adduciamo
per la nostra incrollabile fede nel fatto che l’unità e la pace sono la conseguibile mèta per cui
l’umanità sta lottando.
Mentre verghiamo questo messaggio, si odono le voci dei bahá’i, colmi di fiducia a dispetto delle
persecuzioni che essi ancor oggi soffrono nella terra culla della loro Fede. Con il loro esempio di
salde speranze, essi testimoniano della fiducia che all’imminente realizzazione di questo antico sogno
di pace, per virtù dei vivificanti effetti della rivelazione di Bahá'u'lláh, è ora conferita la forza
della divina autorità. Noi perciò non vi comunichiamo solo una visione di parole: ci appelliamo alla
forza che deriva da atti di fede e di sacrificio, trasmettendovi l’ansiosa richiesta di pace e unità che
proviene dai nostri correligionari di tutto il mondo. Ci uniamo a tutte le vittime dell’aggressione, a
tutti coloro che implorano la fine dei conflitti e delle contese, a tutti quelli la cui devozione ai principi
della pace e dell’ordine mondiale dà impulso ai nobili scopi per cui l’umanità è stata portata
all’esistenza da un amorevolissimo Creatore.
Nell’ardore del nostro desiderio di comunicarvi il fervore della nostra speranza e la profondità
della nostra fiducia, menzioniamo qui la vigorosa promessa di Bahá'u'lláh: «Queste lotte infruttuose,
queste rovinose guerre cesseranno e la ‘Più Grande Pace’ verrà».
LA CASA UNIVERSALE DI GIUSTIZIA