IL
LIL SUECO CLOE DIC
ASA EDITRICE BAHÁ’Í2001
@ Copyright 2001 - Casa Editrice Bahá’í - Ariccia
Titolo orginale:
Century of Light1
a edizione italiana 2001C
ASA EDITRICE BAHÁ’ÍSede legale: 00197 Roma - Via Stoppani, 10 - Tel. 06 8079647
Deposito e amm.ne: 00040 Ariccia (Roma) Via F. Turati, 9 - Tel. 06 9334334
ISBN 88-7214.085-4
PREMESSA
La fine del Novecento conferisce ai bahá’í un’eccezionale posizione di
vantaggio. Negli ultimi cent’anni il mondo ha subito cambiamenti ben
più profondi di quelli che si sono verificati in tutta la sua storia, ma le
presenti generazioni perlopiù non ne comprendono il significato. Questi
cent’anni hanno anche visto la Causa bahá’í emergere dall’oscurità e dimostrare
a livello planetario il potere di unificazione conferitole dalla
sua origine divina. Negli ultimi anni del secolo, la convergenza di questi
due processi storici è divenuta sempre più evidente.
Il secolo di luce
, scritto sotto la nostra supervisione, esamina questi dueprocessi e le loro interrelazioni nel contesto degli insegnamenti bahá’í.
Raccomandiamo agli amici di studiarlo attentamente, fiduciosi che le idee
che esso propone li arricchiranno spiritualmente e li aiuteranno praticamente
a spiegare agli altri le suggestive implicazioni della Rivelazione
portata da Bahá’u’lláh.
L
A CASA UNIVERSALE DI GIUSTIZIANaw-Rúz 158 E.B.
IL SECOLO DI LUCE
IL NOVECENTO
, il più turbolento secolo della storia della razza umana,è finito. Sgomente di fronte al crescente caos morale e sociale che ne
ha segnato il corso, la maggior parte delle persone del mondo desidera dimenticare
le sofferenze che questi decenni hanno comportato. Per quanto
fragili appaiano le basi della fiducia nel futuro, per quanto grandi siano i
pericoli che si profilano all’orizzonte, l’umanità sembra avere un disperato
bisogno di credere che, per una qualche fortuita combinazione di eventi,
align=left>sia malgrado tutto possibile ottenere che le condizioni della vita umana
possano soddisfare i prevalenti desideri degli uomini.
Alla luce degli insegnamenti di Bahá’u’lláh queste speranze non solo
sono puramente illusorie, ma ignorano completamente la natura e il significato
della grande svolta compiuta dal nostro mondo in questo secolo cruciale.
Solo quando arriverà a capire le implicazioni di ciò che è successo in
questo periodo della storia, l’umanità sarà in grado di affrontare le sfide
che l’attendono. L’importanza del contributo che noi bahá’í possiamo offrire
a questo processo esige che noi per primi comprendiamo il significato
della storica trasformazione verificatasi nel corso del Novecento.
Ciò che ci consente di acquisire questa comprensione è la luce irradiata
dal Sole sorgente della Rivelazione di Bahá’u’lláh e l’influenza che essa è
giunta a esercitare sulle cose umane. È questo il tema che sarà trattato nelle
pagine che seguono.
RICONOSCIAMO INNANZI TUTTO
l’immensità della rovina chel’umanità si è procurata con le sue stesse mani nel periodo storico in esame.
Le sole perdite in vite umane sono state incalcolabili. Il disfacimento
di fondamentali istituzioni dell’ordine sociale, la violazione – anzi l’abbandono
– delle regole della decenza, il tradimento della vita della mente
nella sottomissione a ideologie squallide e vuote, l’invenzione e l’impiego
di mostruosi ordigni bellici con enormi capacità di distruzione, la bancarotta
di intere nazioni e la riduzione di grandi masse di esseri umani in
condizioni di disperata miseria, la sconsiderata devastazione dell’ambiente
del pianeta – questi sono solo gli orrori più evidenti in un elenco che neppure
le più oscure epoche passate hanno conosciuto. Il solo menzionarli
riporta alla mente gli ammonimenti divini contenuti nelle parole pronunziate
da Bahá’u’lláh un secolo fa: «O uomini incuranti! Benché le meraviglie
della Mia misericordia abbiano abbracciato tutte le cose create, sia visibili
sia invisibili, e benché la rivelazione della Mia grazia e della Mia
munificenza abbia permeato ogni atomo dell’universo, pure la verga con
la quale Io posso punire i malvagi è dolorosa, e terribile è la violenza della
Mia collera contro di loro».
12
IL SECOLO DI LUCENel 1941, affinché nessun osservatore della Causa fosse indotto a
prendere questi ammonimenti in senso puramente metaforico, Shoghi
Effendi, nel trarne alcune implicazioni storiche, scrisse:
Una tempesta senza precedenti per la sua violenza, imprevedibile per il
corso che seguirà, catastrofica nei suoi effetti immediati, inimmaginabilmente
gloriosa per le estreme conseguenze che produrrà, sta spazzando in
align=left>questo momento la faccia della terra. Le dimensioni e l’impeto della sua
forza d’urto stanno inesorabilmente crescendo. La sua azione purificatrice,
anche se nessuno ancora l’ha scoperta, aumenta ogni giorno che passa.
L’umanità, stretta negli artigli della sua forza devastatrice, è colpita dai
segni della sua furia irresistibile. Essa non sa né comprenderne l’origine,
né indagarne il significato, né prevederne i risultati. Smarrita, tormentata,
inerme, guarda questo grande e possente vento divino che invade le regioni
più remote e belle della terra, scuote le sue fondamenta, rompe il suo
equilibrio, dilania le sue nazioni, distrugge i focolari delle sue genti, devasta
le sue città, caccia in esilio i suoi re, abbatte i suoi baluardi, sradica le
sue istituzioni, oscura la sua luce e strazia l’anima dei suoi abitanti.
2Dal punto di vista della ricchezza e del potere, nel 1900 per «mondo»
s’intendeva l’Europa e, con riluttanza, gli Stati Uniti. In tutto il pianeta,
l’imperialismo occidentale perseguiva fra le popolazioni delle altre terre
quella che esso considerava la propria «missione civilizzatrice». Nelle parole
di uno storico, il primo decennio del secolo sembrò fondamentalmente
la continuazione del «lungo Ottocento»,
3 un’era la cui sconfinata prosopopeaebbe forse la migliore epitome nel 1897 nelle celebrazioni del
giubileo di diamante della regina Vittoria, una parata che percorse per ore
e ore le strade di Londra, con uno sfarzo imperiale e uno sfoggio di potere
militare di gran lunga superiori a qualunque cosa sia mai stata tentata presso
le antiche civiltà.
All’inizio del secolo, erano ben pochi coloro che, qualunque fosse il
loro stato sociale o la loro sensibilità, presagivano le imminenti catastrofi,
IL SECOLO DI LUCE
3e pochi o punti coloro che ne avrebbero potuto immaginare l’enormità. Gli
stati maggiori della maggior parte delle nazioni europee sapevano che sarebbe
scoppiata una guerra, ma vedevano questa possibilità con animo sereno
per la duplice incrollabile convinzione che quella guerra sarebbe stata
breve e che comunque l’avrebbero vinta loro. Il movimento internazionale
per la pace era quasi miracolosamente riuscito a ottenere l’appoggio di statisti,
capitani d’industria, studiosi, organi di stampa e perfino improbabili
influenti personaggi come lo zar di Russia. Se l’incontrollata proliferazione
degli armamenti sembrava una minaccia, la rete di alleanze instancabilmente
intessute e spesso sovrapposte sembrava garantire che i conflitti
generali sarebbero stati evitati e le dispute regionali risolte, come era quasi
sempre accaduto nei secoli precedenti. Questa illusione era rafforzata dal
fatto che le teste coronate d’Europa – per lo più membri di un’unica grande
famiglia e, molti di loro, detentori di un potere politico apparentemente
determinante – si chiamavano fra loro con nomignoli confidenziali, tenevano
corrispondenze private, sposavano l’uno le sorelle e le figlie dell’altro
e ogni anno trascorrevano assieme lunghe vacanze nei reciproci castelli,
panfili e casini di caccia. Anche le dolorose disparità nella distribuzione
delle ricchezze erano energicamente, anche se non sistematicamente, affrontate
nelle società occidentali mediante legislazioni destinate a frenare
gli aspetti peggiori della pirateria corporativa dei decenni appena trascorsi
e a rispondere alle più urgenti richieste delle crescenti popolazioni urbane.
La vasta maggioranza della famiglia umana, che viveva in terre al di
fuori del mondo occidentale, condivideva ben poco delle benedizioni e
pochissimo dell’ottimismo dei fratelli europei e americani. La Cina, malgrado
align=left>l’antica civiltà e la convinzione di essere il «Regno di mezzo», era
divenuta la sventurata vittima dei saccheggi delle nazioni occidentali e del
vicino Giappone proiettato verso la modernità. Le moltitudini dell’India –
la cui economia e la cui vita politica erano talmente assoggettate al dominio
di un unico potere imperiale da escludere l’abituale gara per la supremazia
– evitarono alcune delle violenze che toccarono ad altre terre, ma
assistettero impotenti alla spogliazione di risorse di cui avevano un disperato
bisogno. Le imminenti sofferenze dell’America Latina furono fin
troppo chiaramente prefigurate da quelle del Messico, al quale il grande
vicino settentrionale aveva già sottratto vasti territori e le cui risorse natu
4IL SECOLO DI LUCE
rali stavano già attirando l’attenzione di avide corporazioni estere. Particolarmente
align=left>imbarazzante per gli occidentali – data la sua vicinanza a brillanti
capitali europee come Berlino e Vienna – era l’oppressione medievale nella
quale i cento milioni di servi della gleba nominalmente emancipati in
Russia trascinavano una vita grama di sconsolata miseria. Ma la tragedia
più grande era la sorte degli abitanti del continente africano, messi l’uno
contro l’altro da confini artificiali tracciati in base alle ciniche contrattazioni
delle potenze europee. Si è calcolato che nel primo decennio del Novecento
nel Congo siano morte oltre un milione di persone – affamate,
percosse, letteralmente costrette ad ammazzarsi di lavoro per il profitto dei
loro padroni lontani, un saggio della sorte che, entro la fine del secolo, avrebbe
travolto oltre cento milioni di loro compagni di sventura in Europa
e in Asia.
4Queste masse di esseri umani, depredati e vilipesi – pur costituendo la
maggioranza degli abitanti della terra – non erano considerati protagonisti,
ma oggetti dei tanto vantati processi di civilizzazione del nuovo secolo.
Malgrado i benefici concessi a una minoranza di loro, i popoli delle colonie
esistevano soltanto per essere manipolati – usati, addestrati, sfruttati,
cristianizzati, civilizzati, mobilitati – a seconda dei dettami dei mutevoli
ordini del giorno delle potenze occidentali. Questi potevano essere duri o
moderati, illuminati o egoisti, essere ispirati all’evangelizzazione o allo
sfruttamento, ma erano sempre formulati da forze materialistiche che decidevano
i mezzi e la maggior parte degli scopi. Pietismi religiosi e politici
di vario genere mascheravano ampiamente fini e mezzi agli occhi del pubblico
nei paesi occidentali, che potevano così trarre soddisfazione morale
dalle benedizioni che le loro nazioni pretendevano di conferire a persone
meno degne, approfittando dei frutti materiali di tanta benevolenza.
Elencare le pecche di una grande civiltà non significa negarne le realizzazioni.
All’inizio del Novecento, i popoli occidentali avevano tutte le
ragioni di andar fieri dei progressi tecnologici, scientifici e filosofici di cui
le loro società erano state responsabili. Decenni di sperimentazione avevano
messo nelle loro mani mezzi materiali ancora sconosciuti al resto
dell’umanità. In Europa e in America erano sorte grandi industrie, che si
occupavano di metallurgia, di prodotti chimici di ogni genere, di prodotti
tessili, della costruzione e della produzione di strumenti capaci di miglioIL
SECOLO DI LUCE
5 size=5>rare tutti gli aspetti della vita. Un continuo processo di scoperte, progettazioni
e miglioramenti stava aprendo l’accesso a un potere di dimensioni
inimmaginabili – con conseguenze ecologiche, purtroppo, altrettanto inimmaginabili
a quei tempi – specialmente grazie all’uso di combustibili e
di energia elettrica a basso costo. L’«era della ferrovia» era già molto avanzata
e i piroscafi battevano le rotte del mondo. Con lo sviluppo delle
align=left>comunicazioni telegrafiche e telefoniche, la società occidentale precorreva
il momento in cui si sarebbe liberata dai limiti che le distanze geografiche
avevano imposto al genere umano sin dagli albori della storia.
Ancor più epocali furono le implicazioni dei cambiamenti che si stavano
verificando sul piano più profondo del pensiero scientifico. L’Ottocento
era stato ancora dominato dal concetto newtoniano che vedeva il mondo
come un enorme meccanismo ad orologeria, ma alla fine del secolo erano
già stati compiuti i progressi intellettuali necessari a mettere in dubbio
quella visione. Stavano emergendo nuove idee che avrebbero portato alla
formulazione della meccanica quantistica. E in breve tempo l’effetto rivoluzionario
della teoria della relatività avrebbe messo in discussione convinzioni
riguardanti il mondo fenomenico che per secoli erano state accettate
come dati di fatto. Questi passi avanti furono incoraggiati – e la loro
influenza fu molto ampliata – dal fatto che la scienza si era già trasformata
da un’attività di pensatori isolati a un’occupazione sistematicamente perseguita
da una vasta e influente comunità internazionale che si avvaleva di
università, laboratori e simposi per lo scambio delle scoperte sperimentali.
Ma la forza delle società occidentali non si limitava ai progressi scientifici
e tecnologici. All’inizio del Novecento la civiltà occidentale raccoglieva
i frutti di una cultura filosofica che stava rapidamente liberando le
energie dei suoi popoli e la cui influenza avrebbe ben presto rivoluzionato
il mondo intero. Era una cultura che assecondava i governi costituzionali,
teneva in alta considerazione il dominio della legge e il rispetto per i diritti
di tutti i membri della società e indicava a tutti coloro che raggiungeva la
visione di un’imminente era di giustizia sociale. Anche se le ostentazioni
di libertà e di uguaglianza che inflazionavano la retorica patriottica dei paesi
occidentali erano ben lontane dalle condizioni reali, gli occidentali avevano
però tutte le ragioni di celebrare i progressi verso quegli ideali
compiuti nel corso dell’Ottocento.
size=4>6
IL SECOLO DI LUCEDa un punto di vista spirituale quel periodo fu affetto da una strana,
paradossale ambiguità. In quasi tutte le direzioni l’orizzonte intellettuale
era oscurato da nuvole di superstizione prodotte dall’irriflessiva imitazione
del passato. Per la maggior parte dei popoli del mondo le conseguenze variavano
da una profonda ignoranza sulle potenzialità umane e sull’universo
materiale a un ingenuo attaccamento a teologie che avevano poco o
punto a che fare con l’esperienza. E là dove i venti del cambiamento disperdevano
le nebbie, fra le classi colte dei paesi occidentali, le ortodossie
ereditate erano rapidamente rimpiazzate dal malefico influsso di un laicismo
aggressivo che metteva in discussione la natura spirituale dell’uomo e
la stessa autorità dei valori morali. La laicizzazione delle classi elevate
della società sembrò ovunque procedere di pari passo con un assai diffuso
oscurantismo religioso fra gli altri strati della popolazione. Su un piano più
profondo – dato che la religione influenza gli strati profondi della psiche
umana e reclama un tipo di autorità che non ha eguali – in tutti i paesi i
pregiudizi religiosi avevano tenuto accese nel corso delle generazioni le
braci di un odio implacabile che avrebbe alimentato gli orrori dei decenni
successivi.
5IN QUESTA SITUAZIONE DI FALSA FIDUCIA
e profonda disperazione,di illuminismo scientifico e tenebre spirituali, apparve, all’inizio
del Novecento, la luminosa figura di ‘Abdu’l-Bahá. Il percorso che L’aveva
condotto a quel momento cruciale della storia dell’umanità era passato
attraverso oltre cinquant’anni di esilio, prigionia e privazioni, con brevissimi
align=left>periodi di qualcosa che somigliasse alla pace e alla serenità. Egli
l’affrontò ben deciso a proclamare a tutti, disponibili e incuranti, l’insediamento
in terra di quel promesso regno di pace universale e di giustizia
che aveva alimentato le speranze umane nel corso dei secoli. La sua base,
Egli dichiarò, sarebbe stata l’unificazione dei popoli del mondo in questo
«secolo di luce»:
… in questo giorno i mezzi per comunicare si sono moltiplicati e i cinque
continenti della terra sono virtualmente divenuti uno... In tal guisa
tutti i membri della famiglia umana, siano essi popoli o governi, città o
villaggi, son divenuti sempre più interdipendenti... Ecco che oggigiorno
può realizzarsi l’unità di tutta l’umanità: questa non è che una delle
align=left>mirabilia di questa meravigliosa età, di questo secolo glorioso.
6Durante i lunghi anni di prigionia e di esilio che seguirono il rifiuto da
parte di Bahá’u’lláh di prestarSi ai programmi politici delle autorità ottomane,
‘Abdu’l-Bahá ebbe l’incarico di gestire gli affari della Fede e il
IL SECOLO DI LUCE
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compito di fungere da portavoce del Padre. Un importante aspetto di questo
lavoro comportava che Egli interagisse con funzionari locali e provinciali
che Gli chiedevano consiglio sui problemi che incontravano. Problemi
non dissimili si presentavano anche nella patria del Maestro. Nel 1875,
ottemperando alle disposizioni di Bahá’u’lláh, ‘Abdu’l-Bahá indirizzò ai
governanti e al popolo della Persia un trattato intitolato
Il Segreto dellaCiviltà Divina
, nel quale espose i principi spirituali che devono guidare laformazione della società persiana nell’era della maturità del genere umano.
Il trattato incomincia invitando il popolo iraniano a riflettere sulla lezione
align=left>insegnata dalla storia quanto alla chiave del progresso sociale:
Considerate attentamente: tutti i multiformi fenomeni, i concetti, il sapere,
i procedimenti tecnici e i sistemi filosofici, le scienze, le arti, le
industrie e le invenzioni – tutto questo è emanazione della mente umana.
Chiunque si sia spinto più a fondo in codesto mare sconfinato è
giunto a eccellere sugli altri. La felicità e l’orgoglio delle nazioni in ciò
consistono: risplendere come il sole nell’alto firmamento del sapere.
«Saranno forse trattati in modo eguale, quelli che sanno e quelli che
non sanno?»
7Il Segreto della Civiltà Divina
precorre la guida che sarebbe fluita dallapenna di ‘Abdu’l-Bahá nei decenni successivi. Dopo la devastante perdita
che seguì l’ascensione di Bahá’u’lláh, i credenti persiani furono rianimati e
rincuorati da un profluvio di Tavole del Maestro, che fornirono loro non solo
il nutrimento spirituale di cui avevano bisogno, ma anche una guida sul
modo di farsi strada nel tumulto che stava sgretolando l’ordine costituito
delle cose nella loro terra. Queste comunicazioni, che raggiungevano anche
i più piccoli villaggi ai confini del paese, rispondevano agli appelli e alle
domande di moltissimi credenti, portando direttive, incoraggiamento, rassicurazione.
Leggiamo, per esempio, una Tavola indirizzata ai credenti del
villaggio di Kishih, che menziona uno per uno circa centosessanta di loro.
Dell’era che stava allora per incominciare, il Maestro dice: «questo è il secolo
di luce» e spiega che questa immagine significa l’accettazione del principio
dell’unità e le sue implicazioni:
Intendo dire che gli amati del Signore devono considerare le persone
maldisposte come bendisposte… Cioè, devono associarsi ai nemici
IL SECOLO DI LUCE
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come farebbero con un amico e trattare gli oppressori come tratterebbero
un compagno gentile. Non devono guardare alle pecche e alle trasgressioni
align=left>dei nemici, né prestare attenzione all’inimicizia, all’iniquità
o all’oppressione.
8Stranamente, questa Tavola invita il gruppetto di credenti perseguitati,
che viveva in quel remoto angolo di una terra ancora perlopiù non toccata
dagli sviluppi che stavano verificandosi altrove nella vita sociale e intellettuale,
a sollevare gli occhi al di sopra del piano delle preoccupazioni locali
e a vedere le implicazioni dell’unità in una dimensione globale:
Devono invece guardare la gente alla luce di quanto la Bellezza Benedetta
ha proclamato, che tutti gli esseri umani sono servi del Signore
della possanza e della gloria, perché Egli ha portato l’intera creazione
nell’ambito della Sua benevola parola e ci ha ingiunto di mostrare amore
e affetto, saggezza e compassione, fedeltà e unità nei confronti di
tutti, senza alcuna discriminazione.
9Qui, il Maestro non chiede solo un nuovo livello di comprensione, ma sottintende
align=left>anche la necessità di dedizione e azione. Nell’urgenza e nella certezza
del Suo linguaggio si percepisce la forza che avrebbe prodotto le
grandi realizzazioni dei credenti persiani nei decenni successivi, tanto nella
promozione della Causa in tutto il mondo quanto nell’acquisizione di
capacità che promuovono la civiltà:
O amati del Signore! Servite il mondo umano e amate la razza umana
in perfetta letizia e gioia. Distogliete gli occhi dalle limitazioni e
liberatevi dalle restrizioni, perché… questa libertà comporta benedizioni
e largizioni divine.
Pertanto non fermatevi, neppure un attimo. Non cercate un momento
di sosta né un attimo di riposo. Sorgete come i flutti di un possente
mare e ruggite come il leviatano dell’oceano dell’eternità.
Perciò, finché resta una goccia di vita nelle vene, si deve lottare e
faticare e cercare di costruire fondamenta che il trascorrere dei secoli e
dei cicli non possa indebolire e innalzare un edificio che il passare di
epoche e di eoni non possa distruggere, un edificio che si dimostri eIL
SECOLO DI LUCE
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terno e perpetuo, così che la sovranità del cuore e dell’anima sia solida
e sicura in entrambi i mondi.
10I futuri sociologi della storia, che potranno vedere le cose in modo
molto più spassionato e universale di quanto non sia possibile ora e che
avranno libero accesso a tutta la documentazione primaria, studieranno
minuziosamente la trasformazione che il Maestro ha ottenuto in quei primi
anni. Giorno per giorno, mese per mese, da un lontano esilio dove era soggetto
alle interminabili aggressioni delle schiere di nemici che Lo circondavano,
‘Abdu’l-Bahá riuscì non solo a stimolare l’espansione della comunità
bahá’í persiana, ma anche a modellarne la coscienza e la vita collettiva.
Il risultato fu la nascita di una cultura che, se pur circoscritta, era
diversa da qualunque cosa l’umanità avesse mai conosciuto. Il nostro secolo,
con tutti i suoi tumulti e le sue magniloquenti pretese di creare un
nuovo ordine, non offre alcun paragonabile esempio di sistematico impegno
dei poteri di una singola Mente nella costruzione di una tipica società
ben funzionante che consideri il mondo intero come il proprio principale
campo di lavoro.
Pur soggetta a periodiche atrocità da parte del clero musulmano e dei
suoi sostenitori e priva della protezione di una serie di indolenti monarchi
Qájár, la comunità bahá’í persiana trovò nuove prospettive di vita. Il numero
dei credenti si moltiplicò in tutte le regioni del paese, si arruolarono
personaggi di spicco nella vita della società, fra i quali influenti membri
del clero, e i precursori delle istituzioni amministrative apparvero sotto
forma di rudimentali corpi consultivi. È impossibile sopravvalutare l’importanza
di questo solo sviluppo. In un paese e fra gente abituati da secoli
a un sistema patriarcale che concentrava tutto il potere decisionale nelle
mani di un monarca assoluto o dei mujtáhid sciiti, una comunità che rappresentava
uno spaccato di quella società aveva rotto i ponti col passato,
prendendo nelle proprie mani la responsabilità di decidere dei propri affari
collettivi mediante un atto consultivo.
align=left>Nella società e nella cultura che il Maestro stava sviluppando, le energie
spirituali si esprimevano nelle cose pratiche della vita quotidiana.
L’importanza che gli insegnamenti attribuiscono all’educazione ha dato
impulso all’apertura, nella capitale e in centri di provincia, di scuole bahá’í,
come la scuola femminile Tarbíyat,
11 che conseguì rinomanza nazioILSECOLO DI LUCE
11
nale. Con l’assistenza di collaboratori americani ed europei, furono poi istituiti
ambulatori medici e altri servizi sanitari. Già nel 1925 le comunità
di alcune città avevano istituito classi di esperanto, spinte dalla loro comprensione
dell’insegnamento bahá’í per cui è doveroso adottare qualche
forma di lingua internazionale. Una rete di corrieri, che percorrevano tutto
il paese, fornì all’emergente comunità bahá’í un rudimentale servizio postale
di cui il resto del paese era madornalmente privo. I cambiamenti in
atto riguardavano le più banali circostanze della vita quotidiana. Per esempio,
in obbedienza alle leggi del Kitáb-i-Aqdas, i bahá’í persiani abbandonarono
align=left>l’uso dei luridi bagni pubblici, prolifici propagatori di infezioni
e malattie, e incominciarono a far uso di docce che erogavano acqua
pulita.
Tutti questi progressi, sociali, organizzativi e pratici, dovevano la loro
forza animatrice alla trasformazione morale che stava verificandosi fra i
align=left>credenti, una trasformazione che sempre più qualificava i bahá’í, perfino
agli occhi di coloro che erano ostili alla Fede, come candidati a posizioni
di fiducia. Che cambiamenti così imponenti abbiano potuto distinguere così
rapidamente una fetta della popolazione persiana dalla maggioranza perlopiù
ostile fu una dimostrazione dei poteri sprigionati dal Patto di Bahá’u’lláh
con i Suoi seguaci e dall’assunzione da parte di ‘Abdu’l-Bahá
del primato che questo Patto conferiva a Lui soltanto.
In tutti quegli anni la vita politica persiana fu quasi costantemente in
subbuglio. Mentre nel 1906 Mu